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Lavoro ingrato

  • 31/07/2008

Affrontiamo l’annoso problema che affligge tutti coloro che effettuano la raccolta differenziata.

Tra le tante suddivisioni dei rifiuti, ce n’è una in particolare che non si vorrebbe mai svolgere.

Mi spiego: siamo tutti bravi a differenziare il vetro dalla plastica, la carta dall’umido; ma se c’è un lavoro che in casa nessuno vuole fare, peggio che pulire i WC e cambiare la sabbia nella cassetta del gatto, è quello della gestione dell’umido. Una semplice operazione che va sotto il verbo “svuotare”.

Le precauzioni da prendere le conosciamo tutti. Si sa che è meglio tenere aperto il contenitore il meno possibile, onde evitare l’inconveniente di fetori e calori eccessivi: a volte pare che frutta e verdura facciano la sauna!

Si tende sempre a rinviare tale operazione convinti che se c’è poca roba là dentro, la stessa diventa inutile. Ma, aspetta aspetta, il sacchetto biodegradabile svanisce nel nulla… causando grossi guai.

La scorsa settimana, di ritorno da un periodo fuori casa, all’apertura del contenitore ho trovato il sacchetto a mo’ di puzzle… tralasciando il fatto che non sono riuscita identificare quel limone spremuto che giaceva sul fondo.

Ora, non mi interessa sapere perché tale operazione sia tanto indesiderata né tantomeno quali processi chimici avvengono là dentro, voglio sapere perché quando vado a vuotare la pattumiera dell’umido incontro sempre la famiglia S. È ormai statisticamente provato che se desidero scambiare quattro chiacchiere con loro, basta che mi rechi al cassonetto.

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