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Una serata al museo

  • 08/04/2017

Una quindicina di artisti e curatori sono invitati a tenere un breve intervento a una conferenza in un prestigioso museo del centro di Milano. Sono le cinque del pomeriggio, le persone iniziano ad arrivare. All’ingresso della sala conferenze, si fermano tutti con un dubbio non troppo banale: “Dove mi posso sedere? A destra o a sinistra?”. Domanda lecita se la sala è stretta e lunga, vi sono due platee contrapposte con un tavolo centrale rotondo e davanti alle due platee vi sono due schermi per le proiezioni.

Dopo un quarto d’ora la parte sinistra della sala è quasi tutta occupata, nell’altra ci sono solo tre persone. Entra un curatore e chiede: “Perché alcuni sono qua e altri là? Da una parte i buoni e dall’altra i cattivi?”. Un’artista si avvicina all’organizzatrice e, un po’ preoccupata, domanda: “Quando parlerò, dove devo guardare? Di qua o di là? Come faccio a vedere quello che viene proiettato? Da qui non si riesce a guardare il pubblico in faccia. Cosa guardo? Dove guardo?”. Un curatore interviene: “Se mettevano uno specchio su questa parete centrale, almeno si poteva guardare contemporaneamente il pubblico di destra e di sinistra… attraverso lo specchio!”. Arriva poi un artista e, dopo ripetuti sguardi a destra e a sinistra, chiede: “Ma quelli là che fanno? Assistono a un’altra conferenza?”. Un altro artista si guarda intorno un po’ sorpreso e dopo un attimo di esitazione si confida con l’organizzatrice: “Ma fammi capire… quelle persone sono vere? Non c’è nessuno specchio? Ci si può sedere anche là?”.

Alle cinque e mezza la sala è al completo, tutti i posti della parte destra e sinistra sono stati occupati. L’organizzatrice dà il benvenuto: “Buonasera a tutti, innanzitutto mi scuso per la sala, ma prendetevela con R., è lui che l’ha progettata. Mi rendo conto che i posti a sedere senza schienale non sono comodi. Capisco che non è piacevole stare in una sala sotterranea senza finestre. Fa caldo, ma dobbiamo resistere, non si può accendere l’aria condizionata. Anche la disposizione dei proiettori è strana, prima ho preso una testata sul telo, quindi invito le persone sedute in prima fila a fare attenzione quando si alzano. Mi scuso con gli artisti e i curatori che parleranno stasera, so che domani avrete tutti il torcicollo. Vi garantisco che non sarà una serata noiosa. Faremo presto perché dobbiamo concludere la conferenza entro le sette e un quarto, altrimenti ci chiudono qui sotto e potremmo morire tutti insieme per il gran caldo. Vi prometto che la prossima volta organizzo la conferenza a casa mia, mi sa che è più confortevole”.

Con questo discorso iniziale ricco di positività si apre la conferenza che vede protagonisti alcuni artisti e curatori d’arte. La prima curatrice si presenta: “Io arrivo dall’Umbria”. Il secondo curatore inizia il discorso con “Io vengo dalla parte opposta dell’Italia, dalla Calabria”. Poi prende la parola un’artista e, per non interrompere la sequenza iniziata dai curatori, esordisce con “A quest’ora della sera inizio a essere un po’ stanca, mi sono alzata alle cinque questa mattina, ho fatto un lungo viaggio, arrivo dalla Costa Azzurra”. Poi è la volta di un artista francese che prende il microfono dicendo: “Un applauso per lo straniero! Io arrivo da New York”. Quando è stato il turno dell’ultimo artista, per un attimo il pubblico ha temuto che iniziasse il suo discorso con “Arrivo da una missione nello Spazio, non potevo proprio mancare questa sera”.

I ringraziamenti finali dell’organizzatrice a tutti i partecipanti fanno scaturire un lungo applauso: la serata è andata benissimo, gli interventi sono stati tutti interessanti. È stato un appuntamento che ha riunito diverse persone del mondo dell’arte, provenienti anche da lontano, per condividere una serata in uno dei più prestigiosi musei di Milano che ha la più scomoda sala conferenze. Ma che importa… tanto artisti e curatori metteranno in curriculum “Museo del Novecento” e non che gli è venuto il torcicollo e che la sala conferenze è un bunker.

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