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Covid-19

  • 20/05/2020

23 febbraio 2020. Una persona, dopo due settimane in terapia intensiva e alcuni giorni in coma, prende il telefonino e vede che tutte le testate giornalistiche, comprese quelle straniere, hanno in prima pagina le foto del Carnevale di Venezia con persone in maschera e una mascherina chirurgica al volto. Si domanda perplessa: “Cosa sta succedendo? Perché tutti portano la mascherina?”. Questa potrebbe essere la scena di un film, tratto da una storia vera, che vedremo tra qualche tempo.

21 febbraio 2020, primo caso accertato di coronavirus in Italia, a Codogno.
Devo confessare che dopo aver appreso questa notizia, con cui hanno aperto tutti i media nazionali, ho iniziato a preoccuparmi. Infatti, tra i miei studenti che hanno sostenuto l’esame tra fine gennaio e inizio febbraio c’è stata anche una ragazza cinese, tornata in Italia dalla Cina il 21 gennaio.

A fine febbraio ho sentito la vicinanza di molti amici stranieri (americani, russi, tedeschi, olandesi), preoccupati per le notizie sconvolgenti che provenivano dall’Italia, uno dei primi paesi, dopo la Cina, a registrare casi di coronavirus.

Il 10 marzo in Italia scatta il lockdown: si può uscire di casa solo per necessità (fare la spesa, andare in farmacia ecc.), per esigenze di lavoro o per motivi di salute. Il giorno successivo l’OMS dichiara lo stato di pandemia.

In poco tempo le persone imparano che per proteggersi dal virus bisogna mantenere le distanze, indossare la mascherina, lavarsi spesso le mani, starnutire nella piega del gomito. Quest’ultimo gesto, che prima d’ora avevo visto fare solo da mio fratello, adesso è uno dei gesti raccomandati.

Devo ammettere che fin da subito mi ha fatto davvero paura l’atteggiamento spavaldo di molte persone, soprattutto anziane, che, finché non è scattato il lockdown, hanno continuato con le loro abitudini (il caffè al bar, la messa in piega dal parrucchiere, il quotidiano dal giornalaio…), non pensando a eventuali rischi a cui potessero andare incontro.

Il lockdown è stato caratterizzato dal silenzio quasi surreale che avvolgeva le città, le strade erano così vuote che in confronto il giorno di Ferragosto a Milano sembra che ci sia il Carnevale di Viareggio.

La gente ha dovuto trovare delle attività per riempire le giornate. Sono diventati tutti panettieri, pizzaioli, pasticceri, cuochi, anche chi prima del lockdown sapeva a malapena fare una pasta al tonno. Tutti giardinieri a trapiantare basilico e stelle di Natale sul balcone e a potare piante in giardino. Tutti a fare fitness, yoga e pilates, compreso chi fino a poco tempo prima ignorava squat e plank. Tutti parrucchieri con le forbici in mano davanti ai tutorial su YouTube. Tutti alle prese con le grandi pulizie di primavera. Tutti disponibili a portare fuori la spazzatura, compreso il temibile umido. Tutti disponibili a portare fuori i cani. Questi poveretti, da una vita sedentaria, si sono improvvisamente ritrovati a fare le maratone e ora sono sfiniti perché a turno nelle famiglie colgono l’occasione di portare fuori il cane per fare delle camminate.

L’isolamento forzato ha fatto scoprire a molti che non è poi così difficile fare in casa pizza, pane e torte. I social sono stati invasi di foto di prodotti da forno, ma diciamolo… il più delle volte i risultati sono stati davvero scarsi. Anche io ho panificato più del solito, ma avendo un lievito madre di otto anni e mezzo e abbastanza esperienza con i lievitati, ho sfornato delle invitanti mafalde siciliane, delle gustose focacce genovesi e degli squisiti sfincioni palermitani.

Pare che dagli scaffali del supermercato le cose più introvabili siano stati lievito di birra, lievito per dolci e farina. Ed è per questo che i possessori di lievito madre, me compresa, sono stati supplicati da amici e parenti di donare loro una pallina di lievito poiché non riuscivano a rinunciare alla pizza settimanale.

Durante il periodo di clausura ho riscoperto in giardino diverse piante edibili.
Il tarassaco, noto anche come “dente di leone” e conosciuto da tutti per i suoi soffioni, ha delle foglie commestibili dal sapore speziato-amarognolo e si presta per essere mangiato in insalata.
Le primule e le violette sono perfette per una frittata.
L’aglio orsino è ideale per un pesto. Facilissimo da fare, ma dal sapore un po’ forte… roba che in confronto la bagna càuda è una limonata rinfrescante.

Quando il virus non circolerà più e non occorrerà più il distanziamento, ricordate che se vorrete tenere lontane alcune persone, basterà presentarsi dopo aver mangiato un bel piatto di pasta con pesto di aglio orsino e un abbondante piatto di fagioli di Colfiorito conditi con cipolle bianche, olio, sale e pepe. Il distanziamento è assicurato.

In questo periodo i miei vicini di casa si sono fatti notare…
– La vicina che tutte le mattine alle 11, puntuale come un orologio svizzero, mette a tutto volume la canzone vincitrice di Sanremo “Fai rumore” di Diodato. Ora, va bene che è una bella canzone, va bene che in questo periodo un po’ di rumore non guasta, ma dopo oltre due mesi qualcuno può dirle che è arrivato il momento di cambiare la colonna sonora delle sue mattinate?
– La giovane campionessa di pattinaggio sul ghiaccio che si allena tutti giorni per almeno un’ora e mezza con salti double-unders con la corda, burpees, crunches e piroette… che mi viene il fiatone solo a guardarla.
– I vicini di casa ventenni che passano le giornate a prendere il sole in bikini sulle sdraio in giardino, sorseggiando aperitivi e giocando a tennis.
– Il vicino che pittura l’inverosimile: dalla porta del garage ai portavasi del giardino, dalla ringhiera del balcone al contatore del gas.
– I vicini che tutti i sabato sera organizzano tornei di pallavolo e pallacanestro in cortile con tutta la famiglia.
– I vicini che ripuliscono ripostigli e garage, smontano vecchi armadi e letti come se non ci fosse un domani.

Sui miei social, invece, si sono distinti…
– Quella che quotidianamente tiene gli amici al corrente sulla misurazione della temperatura (37,2 – 37,5 – 37,1…), e ogni giorno spera che vengano a farle il tampone.
– Quella che spiega come ottimizzare i tempi della spesa al supermercato, ovvero scrivere l’elenco delle cose da comprare nell’ordine in cui si trovano sugli scaffali del supermercato.
– Quello che pubblica i fiori del giardino e l’insalata dell’orto, una vera una boccata di ossigeno.
– Quella orgogliosa del suo record di passi giornalieri, ben 11.587… tutti rigorosamente in casa e giardino.
– Quella fortunata ad avere trovato al supermercato un panetto di lievito di birra da mezzo chilo da fare invidia a tutti quelli che non mangiano una pizza da più di un mese e mezzo.

Comportamenti che fino a qualche mese fa pensavamo potessero compiere solo persone con disturbi mentali, ora sono all’ordine del giorno: c’è chi lava la spesa (dalle confezioni di carne a quelle di formaggi, dalle scatole di tonno alle bottiglie di birra) in giardino prima di portarla in casa; c’è chi lascia le scarpe in quarantena in garage una settimana prima di indossarle nuovamente; c’è chi disinfetta le zampe di cani e gatti prima farli entrare in casa; c’è chi, quando torna dal supermercato, fa subito una doccia e una lavatrice con i vestiti indossati.

Durante il confinamento non sono mancate le videochiamate. Alzi la mano chi non è stato invitato, almeno una volta, a una videochiamata con persone scelte a casaccio, con persone di cui non frega proprio nulla o con persone diversamente simpatiche. Se poi le raccomandazioni che ti vengono date includono anche un dress code (“vestitevi in maniera elegante, non in pigiama o slip”), allora è lì che in fretta e furia organizzi una chiamata Skype con i tuoi amici americani pur di tenerti alla larga da queste persone. Che poi… uno come dovrebbe presentarsi? con l’abito del gran galà? con l’abito del matrimonio del suo miglior amico? Per quel che mi riguarda, il pigiama mi fa abbastanza orrore in camera da letto, figuriamoci davanti a una webcam!

Alla vigilia della fase 2 sono molti quelli che sperano di avere contratto il virus e non essersi accorti: “A gennaio ho avuto lo streptococco, magari ho avuto anche il covid”, “A febbraio mi si è ingrossato un linfonodo, probabilmente è una conseguenza del virus”, “A Capodanno ho avuto qualche linea di febbre, sarà stato il coronavirus”, “Spero di averlo avuto, così ora posso uscire liberamente e andare in vacanza tranquillo”.

Il 18 maggio, in occasione dell’apertura di diverse attività, c’è chi è corso a fare la permanente dal parrucchiere, c’è chi ha chiamato il giardiniere per tagliare il prato, c’è chi ha ordinato un menu giapponese a base di sushi, sashimi, tempura, edamame e alghe… Ognuno ha le sue priorità.

Indubbiamente in questo periodo ci è mancata la libertà e la normalità, ma grazie all’accelerazione nella digitalizzazione siamo riusciti a continuare a svolgere le nostre attività, dalla didattica a distanza allo smartworking, dai webinar agli acquisti online…

Concludo con una bellissima frase che ho sentito qualche giorno fa da una bambina di tre anni, mia nipote, che è venuta a trovarci dopo tre mesi chiusa in casa: “Io, la mamma, il papà e Fra staremo qui per tutta la vita!”. Parole semplici, ma di grande peso che fanno riflettere su come ai bambini, forse ancora più che agli adulti, siano realmente mancati gli affetti e le relazioni sociali.

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