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Una giornata spinosa

  • 07/08/2020

Una mattina silenziosa di inizio agosto, un cielo azzurro, una leggera brezza che rinfresca il risveglio.

Sembra una giornata tranquilla, ma una spinosa questione è dietro l’angolo. L’angolo del salotto che da qualche anno ospita un esemplare di echinocactus grusonii, volgarmente conosciuto come “cuscino della suocera” o grusone.

Echinocactus grusonii

In prossimità della pianta noto il pavimento bagnato e poiché non la bagno da circa una settimana e fa abbastanza caldo, mi avvicino con sospetto per indagare sull’identità di tale liquido.

Lo osservo per qualche istante e vedo che lentamente il cactus dalla parte inferiore rilascia un liquido dall’odore non certamente invitante, mentre la parte superiore presenta un cratere non indifferente. È esploso il cactus!

La scena è una di quelle in cui non vorresti trovarti. Mentre se c’è una perdita da un rubinetto di casa corri subito a riparare la situazione con secchi e stracci e chiudi l’acqua centrale, qui non sai cosa fare e da che parte iniziare.

Mi prendo cinque minuti di riflessione per valutare il problema e cercare di risolverlo da sola dal momento che non c’è nessun altro a casa. La soluzione più semplice sarebbe quella di metterlo sul terrazzo, che dista pochi metri da lì, ma c’è un gradino di mezzo e il cactus è abbastanza pesante e spinoso.

Inizio ad affrontare la spinosa questione mettendo attorno alla pianta un po’ di segatura di legno per assorbire il liquido. Sfioro quindi il cactus con la scarpa e questo inizia a zampillare sempre più. La quantità di liquido che esce è incredibile, mi rendo conto che se non faccio qualcosa nel giro di poco questa pianta allagherà il salotto.

Vado quindi a prendere dell’altra segatura più grossolana e con il telefonino immortalo in una fotografia la pianta esplosa.

Prendo un bastoncino di legno, sfioro le spine laterali della pianta e vedo che la parte superiore collassa su se stessa e inizia a uscire un fiume in piena. In pochi minuti si crea una montagna di segatura e un odore nauseante, roba che in confronto la pipì del mio gatto sembra Chanel N°5.

Mi armo di guanti da muratore, occhiali e mascherina chirurgica per proteggere il viso da schizzi che ora si fanno sempre più violenti e in ogni direzione, poi inizio a raccogliere la roba dal pavimento.

Dopo aver versato una quantità di lacrime inimmaginabile, il cactus smette di piangere e, dato che ora il cuscino sembra essersi alleggerito, decido di affrontare il sollevamento-spostamento. Rapida e decisa, compio il gesto e sbatto in un angolo del terrazzo la pianta pungente.

Dopo aver pulito minuziosamente l’angolo del salotto e tutti gli accessori con cui ho compiuto questa operazione, prendo in mano il telefonino: schermata nera, provo quindi a metterlo sotto carica e il telefono continua a non rispondere ai comandi.

Tiro su la cornetta del telefono di casa per cercare di chiamare il mio numero, ma anche questo telefono non funziona, non c’è nessun segnale. Cosa succede? Guardo fuori dalla finestra e il cielo è sempre azzurro. Non sarà mica un blackout delle telecomunicazioni? Devo cercare un piccione viaggiatore?

Mi ricordo quindi di accendere il router e il telefono di casa VoIP torna a funzionare, posso finalmente comunicare con il mondo.

Comunicare che in una mattinata è esploso lo spinoso carciofo ed è morto il mio iPhone (dopo ben nove anni e nove mesi di onorato servizio) dopo aver fotografato il “cuscino della suocera”. Proprio una giornata del cactus!!!

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